“Dalla vetta non si va in nessun posto, si può solo scendere” (Mauro Corona)
Proprio mentre circola sull’internet la notizia che i ricercatori della Nasa potrebbero mettere a punto un metodo per superare la velocità della luce, un caustico editoriale di Fulco Pratesi sulle pagine del National Geographic critica una certa visione “colonialistica” nell’esplorazione spaziale.
E, in effetti, se da un lato (almeno a livello propagandistico) sembra esssere ripartita la corsa verso l’esplorazione del pianeta Marte, proprio in vista di una futura colonia umana, dall’altro le preoccupazioni per un’incombente crisi ambientale planetaria non si risolvono in serie azioni rivolte a un mutamento di rotta nello sfruttamento insostenibile del nostro (e per ora unico) pianeta.
Nella discussione si incrociano pertanto tematiche etiche e tecnologiche, economiche e ambientali, ma andiamo con ordine.
Marte è uno dei pianeti più vicini alla Terra, a una distanza di 56 milioni di chilometri, per raggiungerlo sono necessari almeno nove mesi; a oggi esistono numerosi piani per una missione con equipaggio umano, si compiono esperimenti e addirittura esiste una stazione di ricerca, nel deserto dello Utah, dove vengon simulate le condizioni “di vita” sul pianeta rosso.
Tuttavia, tra esperimenti come quello di Mars 500, dove sono state provate le condizioni di un viaggio verso Marte all’interno di una astronave fittizia posta nei locali dell’Institute of Biomedical Problems (IBMP) dell’Accademia Russa delle Scienze e il progetto Mars One finalizzato a stabilire una colonia permanente su Marte finanziando l’impresa (attenzione, un viaggio di sola andata!) trasformandola in un reality show, i distinguo dovrebbero essere molti.
E, infatti, così commenta Pratesi nel suo articolo la notizia: “…E già file di decerebrati fanno la fila per poter trascorrere una vacanza da marziani. Una coppia si è già prenotata per le ferie del 2018…”
Comunque sia i costi per mandare in un viaggio di sola andata i primi quattro astronauti su Marte si aggirano intorno ai 6 miliardi di dollari americani e le sfide per affrontare i numerosi problemi tecnologici, logistici e psicofisici previsti non sono ancora state “del tutto” risolte.
Nel frattempo, in un remoto ed oscuro laboratorio, finanziato dalla NASA con la cifra (irrisoria) di 50 mila dollari, il ricercatore Harold White sta cercando di realizzare un sistema di propulsione innovativo volto a “piegare” lo spazio, modificarlo a propio piacimento per eliminare le distanze e violare così il limite invalicabile della velocità della luce; certo, al momento non esiste ancora una teoria scientifica fattiva in grado di farlo, ma è comunque l’unica soluzione in grado di aprirci effettivamente la porta alla colonizzazione dello spazio.
Si riproporrà una nuova fase epica della nostra storia?
In un ambito che oscilla tra retorica, scienza e fantascienza, esistono diverse opinioni in merito; così, mentre la NASA si appresta a festeggiare il suo 55° compleanno presentando nuovi progetti , Fulco Pratesi interpreta altrimenti la questione: “Il parassita che sta rapidamente devastando il Pianeta Azzurro, l’unico che presenti il miracolo della vita, potrà così tra pochi anni infettare anche il Pianeta Rosso. […] La logica avida e irresponsabile che spinge a saccheggiare le ultime risorse, non solo minerarie, del nostro Pianeta, potrà trovare sfogo su Marte.”
Purtroppo le preoccupazioni per la stabilità ambientale planetaria al momento danno ragione al fondatore di WWF Italia pertanto, in attesa che la razza umana rinsavisca e che, con l’aiuto della ricerca scientifica, l’esplorazione dello spazio apra una nuova frontiera (e non divenga piuttosto l’ultima scialuppa di salvataggio dell’umanità), ci dovremo limitare a spedire una cartolina su Marte …
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