“Lasciare accadere un male che si può impedire, vuole dire praticamente commetterlo” (Friedrich Wilhelm Nietzsche)
Proprio in questi giorni, in Polonia, si sta tenendo la Conferenza Mondiale sul Clima, COP 19, ma evidenti contraddizioni e il dissenso delle principali nazioni produttrici dei gas serra sembrerebbero vanificare ogni possibilità di raggiungere un risultato…
Stante un recente comunicato rimbalzato dall’agenzia Ansa “I tre principali gas a effetto serra responsabili del riscaldamento climatico hanno battuto i record di concentramento nel 2012 nel mondo. Lo ha annunciato a Ginevra l’Organizzazione meteorologica mondiale (Omn), un’agenzia delle Nazioni Unite. Le ultime analisi mostrano che “le frazioni molari di diossido di carbonio (Co2), di metano (Ch4) e di protossido d’azoto (N20) hanno raggiunto nuovi picchi nel 2012”, ha scritto l’Omm nel suo bollettino sui gas a effetto serra pubblicato a Ginevra. Tra il 1990 e il 2012, l’effetto del gas serra che porta “al riscaldamento del clima è aumentato del 32%”, scrive ancora l’Omn. “Nel 2011 il dato era al 30% – commenta Michel Jarraud, segretario generale dell’Omn – . Se non ci sarà un’inversione di tendenza la temperatura media del globo terrestre potrebbe superare di 4,6 gradi quella che invece si registrava prima della rivoluzione industriale (ndr nel 1750). Questo avrebbe conseguenze catastrofiche”. Dall’inizio dell’era industriale, nel 1750, la concentrazione media di CO2 nell’atmosfera globale, derivante principalmente alle emissioni legate ai combustibili fossili, è aumentata del 41%, quella del metano del 160% e quella del protossido di azoto del 20%. “Le osservazioni della vasta rete di Global Atmosphere Watch dell’Omm dimostrano ancora una volta che i gas di origine antropica che intrappolano il calore hanno turbato l’equilibrio naturale dell’atmosfera terrestre e contribuiscono notevolmente al cambiamento clima”, ha aggiunto Jarraud. L’Omm precisa che i processi che si verificano nell’atmosfera sono solo un aspetto del cambiamenti in corso. Circa la metà delle emissioni di CO2 rilasciate dalle attività umane rimane nell’atmosfera, il resto viene assorbito dalla biosfera e gli oceani.”
Ed è inevitabile, la mente va subito agli effetti disastrosi del Tifone Hayan: a quanto pare i soccorsi nelle Filippine sono più complessi di quanto ci si immaginava in un primo momento e soprattutto la sensazione che avremo a che fare sempre più spesso con scenari “inattesi” sta diventando, a sua volta,”insistente” fosse solo per la pubblicazione di nuovi studi che rivelano le classiche e scomode verità.
Tra l’altro, proprio l’Oceano Pacifico, teatro di quest’ultimo ciclone, si sta rivelando essere uno degli ambienti più contaminati della terra, con isole di plastica alla deriva la cui presenza, semmai ve n’era dubbio, è confermata non solo dai satelliti, ma anche dal contenuto dello stomaco dei mammiferi marini che si spiaggiano in numero sempre più elevato.
E a questo si sta aggiungendo il problema della contaminazione radioattiva che dalla disastrata centrale di Fukushima sta avvelenando non solo una regione isolata ma, letteralmente, l’intero ecosistema planetario.
Quando l’anno 2013 del vecchio calendario terrestre si sta avviando alla conclusione il Blacksmith Institute e la Croce Rossa svizzera hanno pubblicato in un dossier le zone più falcidiate della Terra, attraverso l’elaborazione di oltre 2.000 stime e analisi realizzate in 49 Paesi.
Al vertice della “top ten” la maxidiscarica di Agbogbloshie, in Ghana, epicentro dell’e-waste mondiale (215mila tonnellate importante ogni 12 mesi) che con una concentrazione di sostanze tossiche mette a rischio la salute di 200 milioni di persone.
Seguono a parimerito Dzerzhinsk, in Russia e Hazaribagh in Bangladesh, (a 27 anni dall’incidente) Chernobyl, in Ucraina dove 10 milioni di persone vivono a contatto con polveri radioattive contenenti uranio, plutonio, cesio 137, stronzio 90 e altri metalli tossici.
Terza in classifica Giacarta attraversata dal fiume Citarum, col suo flusso mortale di piombo, cromo, pesticidi, cadmio prodotti dagli scarti industriali.
E ancora l’Africa, con la località di Kabwe nello Zambia dove i bambini, a causa dello sfruttamento intensivo delle miniere mostrano una quantità di piombo nel sangue da cinque a dieci volte superiore ai livelli delle organizzazioni internazionali.
E poi si parla delle miniere d’oro di Kalimantan, la parte indonesiana dell’isola di Borneo e del bacino del fiume Matanza-Riachuelo in Argentina, appena 60 chilometri di corso per 15mila industrie chimiche, il Delta del Niger, ormai una striscia di petrolio dagli anni Cinquanta e la Russia, con Norilsk, un centro industriale dove l’aspettativa di vita degli operai è inferiore di 10 anni alla media russa.
L’Italia forse non sarà in classifica, ma la storia della Terra dei Fuochi dovrebbe farci riflettere seriamente…
… E forse non è del tutto illogico se un diffuso senso d’inquietudine sta attraversando l’animo dell’umanità intera, di fronte alla sconfitta degli ecologisti, un’idea di ineluttabile estinzione, sintetizzata nella frase dello scrittore e alpinista Mauro Corona: “Finché l’uomo non sparirà dal pianeta, farà di tutto e ce la metterà tutta per farsi male e per star male. Poi si estinguerà. Ma sarà colpa sua. L’uomo sarà l’unico essere vivente ad autoestinguersi per imbecillità.”
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