Geordi: «Com’è “normale”?»
Soran: «Be’, bella domanda… “normale” è come tutti gli altri. Tutti tranne te.»
(dal film Star Trek: Generazioni)
In tempi “interessanti”, così miserevolmente instabili, pieni di rumore e di agitazione e di odio ed ancora, vuoti di valori, di riflessione e di punti fermi, cosa rimane di tutto quello che credevamo fosse la normalità?
«Caro signore, la realtà del suo mondo è soltanto la caricatura di quello che lei può vedere nei grandi spettacoli d’opera. » (dal film Fitzcarraldo)
Com’è normale?
Per la statistica – che è una scienza che dovrebbe accumunarci tutti – è il valore che compare più volte nella distribuzione delle frequenze di una variabile presa in considerazione: potete immaginare visivamente la cosa se pensate a uno sciame di api che si inspessisce via via che si avvicina all’alveare: valori che tendono a concentrarsi attorno a un singolo valore medio.
Questa definizione però poco aiuta a comprendere il significato della normalità che forse ha più a che vedere con le prime esperienze che facciamo nella vita (e in qualsiasi campo) oltre che con il senso del domestico: conforme alla consuetudine e alla generalità, regolare, usuale, abituale, lo dice anche il vocabolario, ma per un bambino nato in Africa, o in Medio Oriente o in una favelas brasiliana, le condizioni di vita dei paesi occidentali non sono normali.
Ovvero, citando La famiglia Addams, quella che nelle serie televisive americane è l’a-convenzionale per eccellenza: «Normalità è un’illusione. Ciò che è normale per il ragno è il caos per una mosca» .
«Il peggio è passato, la vita è tornata alla normalità…»
Già, la saggezza della famiglia tradizionale…
…Vittorino Andreoli, psichiatra e studioso della follia sociale, ha pubblicato (nel 2002) l’ “Elogio della normalità”, un testo da interpretare in relazione ai comportamenti negati e rimossi, squilibri che rimangono sospese come sovrastrutturebizzarre sulle metropoli razionali del pensare edell’agire comuni.
Normalità è così un modello di riferimento al quale ritornare ogni volta che uno “scossone” di qualsiasi natura esso sia (naturale come una calamità, antropico come una guerra o una rivoluzione, alieno come…) cambia drasticamente le condizioni (di vita) al contorno.
Ma è veramente possibile/auspicabile rientrare nella normalità “di prima” dell’evento?
Non sarebbe meglio, forse, imparare dall’esperienza e migliorare le condizioni di vita , almeno, prepararsi a non subire i danni dell’avversa sorte che ci ha investito?
In merito a questa prospettiva, già nel XVI secolo, il filosofo Erasmo da Rotterdam parlava di “Elogio della follia”,indicandola come di un “quid” di natura divina, motore del cambiamento, evoluzione: «una follia che genera le città; su di essa poggiano i governi, le magistrature, la religione, le assemblee, i tribunali. La vita umana non è altro che un gioco della follia».
Nel confronto tra i due “elogi” sembra quasi che la follia dei tempi andati avesse una funzione di ponte visionario tra due realtà, quella meno perfetta del presente con quella desiderabile del futuro, mentre la cosiddetta normalità di oggi è vista come ricordo di un paradiso perduto in un presente minacciato dalla tempesta incontrollabile del futuro.
Al punto che cercare di vivere una vita all’insegna della normalità appare sempre più come follia.
«Ma, sospendere le regole del ragionamento, rende virtualmente possibile ogni cosa.» (Joseph Conrad)
Raccontano le leggende della frontiera nord americana… di un esploratore francese, primo occidentale ad ammirare le cascate del Niagara e tuttavia considerato come pazzo dalla comunità al suo ritorno nel mondo civile: la normalità, nella sua inerzia ad accettare la diversità, richiede sempre prove più che certe!!!
Ecco allora che anche l’omologazione è il sintomo di una forzata normalità che si auto-protegge dal cambiamento, eppure in tempi (appunto) interessanti dovremmo accettare l’idea stessa che contrappone il divenire all’essere.
Che Eraclito avesse ragione sostenendo (almeno a detta di Platone) come “tutto si muove e nulla sta fermo“?
Oppure, il fatto è che non siamo sufficientemente intelligenti per evitare di temere la a-normalità?
Il giornalista e scrittore Tiziano Terzani che è stato, attraverso i suoi reportage dalle zone calde del pianeta, testimone proprio di tutte queste dinamiche, sosteneva che«Il mondo è cambiato e dovremmo cambiare anche noi. Innanzitutto non facendo finta che tutto è come prima, che possiamo continuare a vivere vigliaccamente una vita normale. Con quel che sta succedendo nel mondo, la nostra vita non può e non deve essere normale. Di questa normalità dovremmo avere vergogna».
Insomma normalità sembrerebbe essere il fiume della realtà che, indifferente alla nostra percezione di bene e male, scorre: sebbene alcuni panorami si assomiglino, non sarà mai esattamente lo stesso (e, con buona probabilità, non lo saremo nemmeno noi, almeno se intendiamo navigarlo) e non serve la follia per accettare una simile visione, che, molto probabilmente, è invece utile nel immaginare soluzioni innovative e funzionali per affrontare le rapide e le secche di questo metaforico Rio delle Amazzoni.
E allora, alla fine di tutto questo ragionamento, come rispondiamo alla domanda iniziale?
Che se intendiamo con il termine “normale” un passato mitologico (dall’Eden a “Quando c’era Lui…”) siamo dei dementi, ma lo siamo altrettanto se ci adattiamo alle abitudini e alle convenzioni di un presente miserabile.
La norma è che siamo tutti un po’ diversi (e a-normale è invece quando non lo si accetta), la normalità dovrebbe essere ciò che ci fa stare spensierati pensando ad un futuro migliore: forse l’unica risposta certa è che un po’ di (sana) follia serve perché, come dice il protagonista del visionario film “Fitzcarraldo”: «Chi sogna può muovere le montagne»…
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