“Il dilemma di fondo è semplice e brutale: le proteste degli ultimi anni sono il segno di una crisi globale che si sta inesorabilmente avvicinando, o sono solo dei piccoli ostacoli che possono essere aggirati o addirittura eliminati attraverso precisi e specifici interventi?” (Slavoj Žižek)
Nell’anno 2010 le rivelazioni di Wikileaks sulla corruzione dei diversi regimi politici e sui crimini di guerra commessi nei vari scenari di guerra allora attivi fu un accelerante chimico per il fuoco di una lunga serie di manifestazioni di protesta, rivolte politiche e tumulti di piazza su scala globale.
Arriviamo al 2013 e la conflittualità sociale nel mondo non è certo diminuita: dal Brasile (scontri per le strade scatenati dall’aumento del prezzo dei biglietti dell’autobus) alla Turchia (sommosse urbane contro la distruzione di un parco), all’Indonesia, alla Bulgaria, alla Svezia, alla Grecia, a Israele, Cile, Egitto…
Ma, in tutti questi casi, sia che si tratti di eventi scatenati dall’aumento dei prezzi della benzina, del pane, dalla disoccupazione, dalla corruzione, dalle ingiustizie, o dai motivi più disparati e distanti tra loro, specifici tratti in comune sono stati chiaramente identificati (vedi anche l’articolo Theory of everything di Thomas Friedman sul New York Times):
- nella gestione violenta e incapace di mediazione dei governi,
- nella condizione di crisi sociale della classe media dei paesi coinvolti,
- nella diffusione dei social network.
Tutti questi accadimenti – anche quelli più pacifici, sul modello di Occupy Wall Street – sono inoltre iniziati da attivazioni locali salvo poi crescere su scala metropolitana, regionale e nazionale; temporalmente vi si riconosce un preciso inizio (conflittuale), un culmine (mediatico), una rapida fine (politica), e un’unica eredità (digitale).
Senza scomodare la Psicostoriografia di asimoviana memoria, esiste un modello socio-matematico, dal nome esotico di Teoria delle Catastrofi , che si basa su di un preciso assunto, ovvero che “un evento di natura conflittuale o catastrofica sia un punto di singolarità su di una superficie ovunque derivabile e definita nello spazio enne-euclideo tale che, nelle prossimità di tale punto, debbano avvenire radicali ed improvvise modifiche nel comportamento del sistema“.
Ovvero è sufficiente un piccolo spostamento del focus di un sistema sociale (reale o virtuale, immaginate comunque una rete) a modificare il comportamento di un gran numero di attori, persone ed enti, connessi tra loro.
Vi suona un po’ troppo cyberpunk?
Fu William Gibson (autore di romanzi precursori del genere, come “La notte che bruciammo Chrome”, “Neuromante”) a introdurre il termine di “cyberspace” per parlare di in un futuro distopico popolato da “organismi cibernetici” (appunto i cyborg) e caratterizzato da grandi contraddizioni sociali; dal termine fantascientifico sono state mutuate parole come “cyberterrorism” o “cyberespionage” o ancora “ciberwar”, quali derive digitali delle nuove tecnologie nei diversi campi della nostra vita quotidiana.
Ma, attenzione, la parola “cibernetica” deriva dalla parola greca “kybernetes” che letteralmente significa “timoniere” e oggi colui che governa deve per forza tenere conto di una situazione dove sussistono contemporanemente:
- la presenza di un elevato numero di punti di criticità nel nostro sistema di riferimento socio-economico e politico;
- lo sviluppo sempre più esteso delle connessioni tra gli attori componenti del sistema;
- il tentativo (peraltro in parte noto e basato su reali possibilità tecnologiche) di un controllo digitale delle reazioni alle singolarità nel sistema da parte dei governi.
In merito al secondo punto è uscita recentemente la Relazione annuale 2013 dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom), dove scopriamo come, nel corso del 2012 e solamente nel nostro paese, il tempo medio di connessione è stato di 4,5 ore giornaliere, con un traffico cellulare e smartphone cresciuto di 8 miliardi di minuti rispetto al 2011; in aumento si sono registrate anche il numero di tessere sim con traffico dati (32,5 milioni nel primo trimestre 2013 rispetto ai 27,8 milioni del periodo corrispondente 2012) e le chiavette Internet passate da 6,9 a 8,6 milioni nei primi tre mesi di quest’anno.
Questi dati disegnano uno scenario ben preciso, una superficie interconnessa sulla quale tutti noi ci muoviamo, un reame dove esistono dei punti di criticità sistemica ed è governato da un’autorità che tenta di conservare il proprio potere, essendo però incapace di cambiare e di formulare risposte innovative.
A occhio si potrebbe dire che vi sono tutti i requisiti affinché si profili una bella tempesta all’orizzonte, tutto poi sta nel vedere se la società che ne verrà fuori sarà un mondo migliore o, piuttosto, un regime illiberale e repressivo…
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