“I am pleased to see that we have differences. May we together become greater than the sum of both of us.” (Leonard Nimoy citando Surak)
L’11 luglio 1987 la popolazione mondiale ha raggiunto i 5 miliardi: per commemorare tale evento, nel 1989 fu istituito dalle Nazioni Unite il World Population Day…
… Lo sappiamo, le statistiche e le previsioni statistiche sono sempre state difficili da comprendere , ma le troppe manipolazioni, unitamente alle interpretazioni (diciamo per benevolenza) approssimative, hanno fatto perdere, negli abitanti del pianeta Terra del XXI secolo, la fiducia nei fatti e nella possibilità di individuarne un disegno complessivo.
Così, ad esempio, possiamo sapere che “Shock and Awe” è una tattica militare basata sull’uso di una potenza travolgente, manovre spettacolari e dimostrazioni di forza volte a deformare la percezione del campo di battaglia nei nemici e a distruggere la loro volontà di combattere.
Ma non sempre mettiamo a fattor comune che anche la natura, sotto forma di tornado, uragani, terremoti, inondazioni, incendi incontrollati, carestie ed epidemie, può generare le stesse sensazioni di “Shock and Awe” nelle popolazioni che ne sono colpite.
Guarda caso il presupposto del saggio “Shock Economy” di Naomi Klein, è che l’applicazione di politiche incentrate sulle privatizzazioni dei beni e servizi di prima necessità, sui tagli lineari alla spesa pubblica e sulla liberalizzazioni dei contratti di lavoro, viene progressivamente imposta approfittando (appunto) degli “Shock and Awe” causati da eventi calamitosi…
…Che siano inevitabili, provocati artatamente o per incapacità gestionale poco importa, ma la conseguenza che si osserva è quella di una crescita della disoccupazione e un generale impoverimento della popolazione e una serie di scenari nei quali, cito testualmente, “l’infrastruttura pubblica di tutto il mondo si trova ad affrontare una situazione di stress senza precedenti causato da uragani, cicloni, inondazioni e incendi boschivi occorrenti con frequenze e intensità in continuo aumento. […] un numero crescente di città vedranno le loro infrastrutture, fragili e troppo a lungo trascurate, distrutte dalle calamità e poi abbandonate in fatiscenza insieme ai servizi di base che fornivano, a loro volta mai più ripristinati. I benestanti, nel frattempo, si ritireranno in comunità chiuse, i loro bisogni soddisfatti da fornitori privati.”
Quali scenari dovremmo allora aspettarci?
Di sicuro gli scienziati (almeno la maggioranza di quelli seri) ci informano che, dal confronto fra sei differenti modelli climatici globali emerge che nel corso di questo secolo aumenterà non solo l’intensità dei cicloni tropicali, ma anche, e in misura significativa, il loro numero; tale fenomeno sarà più marcato nelle aree nord-occidentali dell’Oceano Pacifico e interesserà anche aree che si affacciano sull’Oceano Indiano, molte delle quali densamente popolate.
E ancora statistiche demografiche previsionali suggeriscono che nell’ottobre di quest’anno gli abitanti del pianeta saranno sette miliardi, in base alle previsioni saliranno a otto miliardi nel 2025, a nove nel 2043 e a dieci nel 2083.
Dati, numeri, fatti e previsioni, un flusso continuo di informazioni (ma anche di rumore) che proviene dalla Rete, dati e notizie dai quali dipendiamo sempre di più ma che, nel contempo, non riusciamo ad aggregare in un quadro unico che anzi, oggi appare più caotico e anarchico che mai.
Questa nostra incapacità di adattamento – cambiamenti ambientali da un lato, sovraccarico cognitivo dall’altro – potrebbe crearci qualche “grattacapo” ma, del resto, parafrasando Umberto Eco: “questo è il bello dell’anarchia (di Internet). Chiunque ha diritto di manifestare la propria irrilevanza”
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