“Film, calcio, birra e, soprattutto, le lotterie, avevano completamente saturato i loro cervelli. Tenerli sotto controllo non era affatto difficile.” (Orwell, 1984) – Secondo quanto rivelato da Facebook alla Game Developers Conference di San Francisco, circa un quarto dei suoi utenti attivi – 375 milioni di persone – gioca ogni mese almeno a un gioco ‘social’ sulla sua piattaforma. Oggi su WebTrek Italia parliamo di trappole nella rete..
Come immagino molti di voi sapranno, il termine Internet deriva dalla contrazione della locuzione inglese Interconnected Networks, che tradotto in italiano significa “Reti Interconnesse” ovvero una rete di computer mondiale ad accesso pubblico.
Per inciso, si tratta del principale strumento di comunicazione di massa realizzato dall’umanità e, sebbene poco conta sapere come si verifichi l’interconnessione (ma se siete curiosi vi dirò che avviene attraverso una suite di protocolli di rete, denominata “TCP/IP”, che consente il dialogo tra reti – LAN, MAN e WAN2 – tra milioni di computer), per noi, oltre qualsiasi “elegante” teorizzazione, il lato interessante della questione è insito nelle funzionalità e nella libertà di utilizzo, nella trasparenza di tutta la filiera e nelle potenzialità produttive ed espressive del media.
Purtroppo lo “strumento” Internet non garantisce il buon senso dei suoi utenti, semplicemente il suo utilizzo rivela (e con molta accuratezza) chi siamo, collettivamente e individualmente.
Citando un famoso blogger: “In un Paese ridicolo Internet aiuterà ad essere ridicoli, in un Paese maleducato non si curerà troppo delle nostre buone maniere, in un Paese falso sarà, prima di ogni cosa il megafono di grandi interessate falsità.”
Così, quando esploriamo l’oceano del web, nulla impedisce che il nostro vascello rimanga incagliato in una secca (immaginate la discussione con un troll), o che venga travolto da un uragano (una flame war) o che sia abbordato da pirati (furti di identità) o che si ancori in un porto malfamato dove al più troveremo le bassezze più nefande.
Di recente ho letto sul sito de La Repubblica una frase decisamente significativa in merito: “Vivere 12 mesi di full immersion tra i contenuti più violenti e scabrosi del web. Con le immagini più crude piantate nel cervello come un’accetta anche mentre torni a casa, mangi, dormi e fissi catatonico la tv. Se trascorri almeno otto ore della giornata passando in rassegna i video a rischio censura caricati su Youtube,facendo insomma lo “spazzino” del marciume che circola online, è probabilmente questa la vita che ti aspetta”
Continuando pertanto con la metafora della navigazione, non ci resta che dirigere la nostra rotta verso una baia sicura dove sciogliere, magari grazie ai vecchi cyberlupi di mare, i nostri dubbi e trovare soluzioni agli errori nei quali indulgiamo.
Ancora una volta mi ripeto (e mi scuserete ancora una volta), ma abbiamo tra le mani un universo virtuale meraviglioso e con delle potenzialità immense, cerchiamo di utilizzarlo per quello che è: non trasformiamolo in un labirinto fatto di giochini, lustrini e (false) parole.
Sosteneva proprio lo scrittore J.L. Borges come “Un labirinto sia un edificio costruito per confondere gli uomini; la sua architettura, ricca di simmetrie, è subordinata a tale fine” e non è affatto un caso se le dittature vogliano ad ogni piè sospinto imporre la censura ai social network con ogni mezzo.
Talvolta con esiti drammatici, altre volte, fortunatamente, con esiti da commedia dell’arte che ci fanno sorridere – “La Turchia abbatte un caccia siriano che stava twittando sul confine” – se non fosse un gioco serio…
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